Ciao Eugenio

chi_0Una decina d’anni fa mi venne proposto di partecipare a un pugilato letterario, un format inventato da un ragazzo sveglio per rendere più fruibili faccende barbose come la poesia e la letteratura: due scrittori si confrontano su un tema (un classico o un bestseller, è lo stesso) nell’arco di sei round e il pubblico vota qual è stato a suo giudizio il più convincente. Bordate retoriche e uppercut stilistici su Flaubert, Dan Brown, Pinocchio. La prima volta, ricordo, mi battei con un poeta che mi sembrò non poco stizzito davanti al mio finto rinvenimento di un sonetto inedito di Baudelaire in cui il buon Charles, preveggente, insultava sia me che l’altro pugile.

Mi accorsi che la formula funzionava, ma il quid in più era l’arbitro, un omone dalla voce tonante, vestito in camicia bianca e papillon, come un vero giudice da ring, con tanto di campanella. Si chiamava Eugenio Canton, era di origini friulane, aveva una meravigliosa risata guascona e da allora non so quante volte ci siamo rivisti per incontri di ogni genere, dalla biblioteca di un oscuro paese sardo alla sala strapiena del festival di BookCity, da un confronto senza esclusioni di colpi sul Giovane Holden a un acerrimo match su 50 sfumature di grigio (che io difendevo, con suo grande spasso).

Nel corso di questi dieci anni, abbiamo viaggiato spesso insieme, per eterni percorsi in treno fino a Campobasso e sghembi tragitti notturni a caccia di una biblioteca sperduta chissà dove. Si chiacchierava di libri, di autori, di vita e di tante altre cose. Era un omaccione d’altri tempi, con due occhi vispissimi e una voce tonante che catturava subito l’attenzione e faceva un po’ tremare le fondamenta della biblioteca. Mi presentava sempre con un “alla mia sinistra, dall’invidiabile chioma…”.

Si vedeva che era un attore consumato e mi aveva raccontato senza compiacimento del teatro di strada che aveva fatto negli anni settanta (era apprendistato), così come senza vergogna dei tanti spot girati in seguito (era lavoro). I film, i programmi televisivi, le letture di Dante. Insegnava, soprattutto, in una scuola elementare e non faticavo a immaginare il fascino esercitato sui bambini da un orco tanto dolce e simpatico. Non era solo la colonna del pugilato letterario, come sanno le tantissime persone che hanno assistito agli incontri, ma una persona curiosa e di una delicatezza rarissima (perfino verso la malattia, di cui parlava quasi scusandosi), dotata di un naturale talento per il palco e la recitazione.

Ciao Eugenio, sembra impossibile non sentire più risuonare la tua voce profonda, ma so che in tante sale, in tante biblioteche, e perfino nelle nostre teste vuote dalle invidiabili chiome, ne riecheggerà ancora un po’, a lungo.

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