Infanzia da Joyce – IL

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La notizia è che James Joyce è morto. Mica solo nel 1941. Crepa tutti i giorni: abbandonato sugli scaffali, citato per posa, effigiato sui magneti. Chi lo sfoglia più? Quanti editori oggi avrebbero il coraggio di pubblicarlo? Pochi, temo, come restano in pochi a leggerlo nonostante l’appartenenza al canone e le recenti ritraduzioni di Terrinoni e Celati. Eppure ogni tanto qualcuno si mette in testa di scrivere un romanzo audace, sfidando l’etichetta di “illeggibile” e rischiando di cadere nel girone degli inediti o, peggio, in un circolo di unhappy few, occhialuti e snob, che vedono la luce del giorno solo quando la biblioteca chiude (e comunque fuori è buio).

Questa volta ci ha provato Eimear McBride, un’esordiente irlandese che, guarda caso, in un’intervista ha raccontato di avere tenuto presente una dichiarazione d’intenti del suo conterraneo: «Una buona fetta dell’esistenza viene attraversata in uno stato che non si può rendere percepibile attraverso l’uso di un linguaggio cauto, di una grammatica classica e di una trama lineare». Tradotto: nove anni per trovare un editore.

(Continua a leggere sul sito del Sole24Ore.)

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