Archivio mensile:febbraio 2013

Et in Arcadia ego – IL, Sole24Ore

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(IL mi ha chiesto di raccontare la drammatica esperienza di uno scrittore in palestra. Adesso l’articolo è online.)

Quinta elementare, torneo di calcio, semifinale: gironzolavo nell’area piccola degli avversari quando un pallone dalla traiettoria sghemba era precipitato dal cielo. Mentre capitombolavo a terra, sopraffatto dalla mischia, avevo visto con la coda dell’occhio la sfera rotolare in porta e m’ero guardato intorno in cerca del compagno da abbracciare. Invece, notato lo scalmanato amplesso dei fratelli, mi ero dovuto arrendere all’evidenza: avevo segnato io. Con buona pace di Osvaldo Soriano, era stato l’alfa e l’omega della mia carriera calcistica.

(Continua a leggere sul sito del Sole24Ore.)

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La ragazza dei cocktail

ragazza-dei-c_800x600È uscita per Isbn edizioni una traduzione a cui tengo molto: il libro inedito di un maestro del noir, James M. Cain, rinvenuto e pubblicato a più di trent’anni dalla morte.

La ragazza dei cocktail (in originale The Cocktail Waitress, cura e postfazione di Charles Ardai) è un romanzo perfetto che non ha davvero nulla da invidiare a classici come La morte paga doppio o Il postino suona sempre due volte e non per nulla è stato definito da Stephen King “l’evento letterario dell’anno”.

Qui la pagina sul sito dell’editore, con incontri e recensioni (a Milano verrà presentato il 7 marzo in Santeria, da me e Luca Crovi).

Qui la postfazione di Ardai in inglese.

Qui una lunga, splendida intervista a Cain pubblicata sulla Paris Review.

Buona lettura.

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La stanza di Rodinsky

rr(Qualche tempo fa è uscito un libro straordinario per l’editore Nutrimenti, in una meritoria e coraggiosa collana diretta da Filippo Tuena, “Tusitala”. Prima di tradurlo, avevo scritto qualche riga, che pubblico ora qui di seguito. Qui si trova anche una splendida recensione di Michele Lupo e qui un bel pezzo del Guardian.)

L’antefatto di questo libro (Rachel Lichtenstein e Iain Sinclair, La stanza di Rodinsky, Nutrimenti 2011, pp. 432, € 19,50) è un vero e proprio giallo. Alla fine degli anni ’60, uno strampalato studioso della Cabala, che conduceva una vita da recluso sepolto sotto una montagna di simboli e codici e viveva nel sottotetto di una sinagoga nel cuore del quartiere ebraico di Londra (per l’esattezza in Princelet Street), sparì nel nulla. Vent’anni dopo la sua camera venne riaperta e trovata intatta, nello stesso identico modo in cui l’aveva lasciata il giorno in cui aveva deciso di svanire. Tutto quanto, calzature e giornali e suppellettili, si trovava nella medesima posizione in cui lui l’aveva abbandonata, sebbene coperto da un dito di polvere.

Il tentativo disperato di questo libro è rimuovere quello strato di polvere.

Artefice ne è la giovane artista Rachel che, in cerca di notizie sui propri antenati e sul quartiere, si imbatte in questo mistero: che fine ha fatto David Rodinsky e perché è scomparso? Quali misteri nasconde la camera abbandonata? Da qui parte una vera e propria quest, un’indagine che sarebbe piaciuta a Edgar Allan Poe, tanto irrazionale quanto avvincente, che la porta da un angolo all’altro di Londra e dell’Europa, da un momento all’altro della storia, di personaggio in persona, per ricostruire la vita di un personaggio eccentrico che sente profondamente affine.

Non solo. Questa ossessione trova un controcanto nei brani di Iain Sinclair, scrittore affermato che viene coinvolto nel progetto suo malgrado e funge quasi da narratore esterno, commentatore ironico, chiosatore coinvolto e allo stesso tempo distaccato. I due scrittori, con le loro differenze (alla prosa semplice e efficace della Lichtenstein si contrappone quella lirica e densa di Sinclair in una felice alternanza di stili), diventano personaggi delle rispettive pagine, in un gioco di scatole cinesi o di specchi, che avvolge in modo estremamente coinvolgente il lettore. Alla ordinata catalogatrice delle ultime scoperte si contrappone l’esploratore di Londra, lo scrittore più arduo, fanatico delle stratificazioni geografiche e letterarie, per creare uno straordinario duetto.

Che cos’è dunque questo libro? È un romanzo con tanti romanzi all’interno, è una detective story (con tanto di agnizioni improvvise), è un saggio di psicogeografia, è un libro di storia della cultura ebraica londinese e non solo, è un appassionante saggio sulla cabala e il misterismo, è un libro-collage denso di splendide illustrazioni (la foto della camera in questione è indimenticabile), è una fiaba dostoevskijana, è una novella yiddish, è un esperimento di auto e nonfiction in cui due scrittori si rimbalzano la palla con risultati sorprendenti. È insomma un librido inclassificabile, proprio per questo tanto più prezioso.

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